L’AI, scrittrice inaffidabile?

La notizia riportata dal Guardian ci presenta un tema estremamente attuale e controverso: la diffusione di libri scritti da intelligenze artificiali su argomenti delicati come l'ADHD.

Personalmente, trovo che questa situazione sollevi una serie di interrogativi complessi riguardo l'affidabilità delle informazioni e l'etica della pubblicazione di contenuti automatizzati.

La presenza di tali libri su piattaforme come Amazon, senza un adeguato controllo, evidenzia una lacuna regolamentare che potrebbe avere conseguenze significative per i consumatori, specialmente per coloro che cercano risposte e consigli esperti.

Un ottimo mezzo, ma per fini sbagliati

Penso che il fenomeno dei libri scritti da chatbot come ChatGPT sia una manifestazione della crescente abilità delle AI di produrre contenuti testuali.

Tuttavia, la questione non riguarda tanto la capacità tecnologica in sé, quanto piuttosto l'uso che ne viene fatto.

La mancanza di profondità nei contenuti e il potenziale pericolo di disinformazione sono aspetti che non possono essere ignorati.

Persone come Richard Wordsworth, che hanno una diretta esperienza con l'ADHD, trovano preoccupante che questi libri possano confondere o ingannare lettori vulnerabili con consigli generici e privi di valore pratico.

E’ necessario un controllo capillare

Da un punto di vista etico, credo che le piattaforme di vendita online come Amazon abbiano una responsabilità non indifferente.

Non è solo una questione di business, ma anche di salvaguardare la qualità e la sicurezza delle informazioni accessibili al pubblico.

Le dichiarazioni di Amazon riguardo alle loro linee guida sui contenuti sono certamente un passo nella giusta direzione, ma non bastano dichiarazioni generiche.

Tendo a credere che serva un approccio più proattivo e sistematico nella revisione e nella verifica dei contenuti pubblicati, specialmente quando si tratta di temi complessi e sensibili come la salute mentale.

Consumatori, abbiate sempre uno sguardo critico!

Inoltre, lo scenario del “far west” descritto dagli esperti è una metafora efficace per illustrare la natura ancora selvaggia e poco regolamentata del cyberspazio in tema di editoria IA.

Non si tratta solo di una questione di vigilanza da parte delle piattaforme, ma anche di un invito ai governi e agli enti regolatori a definire norme più chiare ed efficaci.

Secondo me, la regolamentazione dovrebbe non solo prevenire la vendita di contenuti dannosi ma anche promuovere l'educazione e la consapevolezza tra i consumatori su come riconoscere e valutare la qualità delle informazioni che ricevono.

Costi bassi e  vendite alte, ma la qualità?

C’è poi l’aspetto del costo: i libri generati da AI sono economici da produrre, il che potrebbe sembrare un vantaggio in termini di accessibilità.

Tuttavia, questo non giustifica la compromissione della qualità e dell'integrità delle informazioni.

Le persone si aspettano che prima della stesura di un libro sia avvenuta una ricerca approfondita e dettagliata, ma spesso le informazioni emesse dai chatbot, a meno che non vengano interrogati adeguatamente, sono superficiali o addirittura scorrette.

La questione interessante è come bilanciare l'accessibilità con l'affidabilità, un compito non semplice ma necessario.

Una coppia spaventosamente affiatata

Allora che ne penso?

Credo fermamente che siamo solo all'inizio di una lunga conversazione su come l'intelligenza artificiale stia trasformando il modo in cui creiamo e consumiamo contenuti.

È fondamentale che, in questo viaggio, non perdiamo di vista l'importanza di mantenere al centro l'utente e la sicurezza delle informazioni.

Non possiamo ignorare i rischi che queste nuove tecnologie portano con sé e dobbiamo lavorare insieme per sviluppare soluzioni che proteggano e informino efficacemente chi decide di affidarsi a questi nuovi strumenti.


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